Pierfederico o anche Pier, Piero, PierFy amava la montagna e lo sport. E queste sue passioni le ha vissute appieno nel lavoro e nel tempo libero.
Pierfederico è stato tra i fondatori del CAI ad Orvieto ed apparteneva al gruppo alpinistico locale.
Il logo del gruppo lo ha ideato Federica, sua figlia.
Da qualche giorno, per noi, quel logo ha un valore in più perché ci ricorderà Pierfederico e la sua famiglia.
La prima riunione del gruppo si svolse in un locale, a Bolsena, che aveva scelto PierFederico. A lui piaceva la compagnia e la cucina. Per ciò, a volte, gli dicevamo bonariamente che forse questo non andava troppo d’accordo con l’arrampicata.
Ma l’amicizia e lo stare insieme sono per noi valori ben più alti della prestazione in falesia.
Pierfederico aveva ritrovato, nell’arrampicata, un amico del periodo viterbese che a sua insaputa, ma come lui, si era avvicinato a questa disciplina. E insieme frequentavano Ripa Maiala, che al di là del nome buttero, è un luogo quasi magico.
E lì erano, insieme, sabato scorso. In nome dell’amicizia e della passione.
E lì vorremmo tracciare una via con il suo nome.
L’arrampicata, per Pierfederico e per tutti noi, non è la ricerca del pericolo
ma semmai l’occasione di provarsi, di avere un contatto diretto con la natura, di vivere l’amicizia.
Cultori della sicurezza, dell’arrampicata come gioco e non come sfida estrema, solo un estraniazione può darci una ragione a quello che è accaduto.
Nel giro di due anni il combinarsi di questioni personali e l’essere in montagna ci ha privato di due amici come Marco Tanara e Pierfederico Manciati.
Per entrambi, per molti, ciascuno nel suo modo e misura, conta quello che scrisse Ada Gobetti: Vado in montagna più per la paura di non vivere che per quella di morire.